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Immagine di copertina di Frigidaire numero 47 (ottobre 1984)

In vista della mostra di Tanino Liberatore Di corpi e frammenti, che inaugura l’8 dicembre a Pescara (Clap Museum, ore 16:40, a cura della Fondazione Pescarabruzzo e di Comicon), pubblichiamo per la prima volta online il seguente scritto, contenuto nella nuova edizione 2022 di Lo scudo di Talos di Valerio Massimo Manfredi, con le illustrazioni di Tanino Liberatore e l’appendice iconografica contenente i disegni preparatori a cura di Jonny Costantino

Ringraziamo pertanto Mondadori per averne concesso la pubblicazione e segnaliamo che nel corso dell’Immacolata pescarese, dove saranno visibili oltre cento opere delle quali più di settanta inedite in Italia, l’artista incontrerà il pubblico e si esibirà in una performance di disegno dal vivo.

Illustrazione della poesia La capigliatura per I fiori del male di Charles Baudelaire (Comicon 2016)

Quinto secolo avanti Cristo, Peloponneso ed Ellesponto, Greci contro Persiani, Ateniesi contro Spartani, Iloti e opliti, non fatevi infinocchiare: Tanino Liberatore è un pezzo di malacarne figlio del proprio tempo, un animale da metropoli. Avrà perso pelo, è fisiologico, ma vizioso lo è rimasto fino all’osso. Afferma egli stesso, candido come un giglio infranto, in un’intervista del 2014: «Sono un maniaco e lo si sente in ogni tratto». Maniaco è una parola adeguata. 

Maniaco – Gaetano detto Tanino – lo è nel senso del perfezionismo, di una maniacale ricerca formale. Maniaco lo è nondimeno per le sue ruscellanti pulsioni, per le sue incontinenti passioni. Sesso e violenza erano e restano il suo pane quotidiano. Il tuffo nella Grecia classica è di pancia, fa pensare all’Antico Testamento fantasticato da Alex DeLarge in Arancia meccanica. Forti le tinte, forti i sapori. Trafitture à gogo. Liberatore non s’è liberato delle sue pessime abitudini. Cattivo – nel senso di Rimbaud – è rimasto nel sangue. Grazie al cielo questo Lucignolo figurale non è diventato un artista perbene.

Due donne di Liberatore

Fumettista è il primo sostantivo in cui c’imbattiamo se lo googliamo e – negli anni Ottanta e Novanta – del fumetto Liberatore è stato una star di primo fulgore. La cosa buffa è che questo chietino di Quadri classe 1953 si sente, prima che fumettista, autore di quadri e il meno che si possa dire delle sue immagini è che in piedi ci stanno di brutto senza le stampelle del lettering. “Liberatomix, il terrore d’Abruzzo” – come lo chiamava Andrea Pazienza e come apprendiamo in una pagina da urlo di Prima pagare, poi ricordare di Filippo Scòzzari – è uno dei fumettisti illustratori disegnatori più rispettati dai colleghi per quello che riesce a fare con un pennarello Pantone e una matita spuntata. 

Mettiamola così: se il mondo dell’illustrazione fosse un ring, Liberatore sarebbe Sonny Liston per la forza impattante del suo segno pugno. «È un talento mostruoso», mi dice nel corso di una chiacchierata Lorenzo Mattotti, artista come Tanino di adozione parigina le cui punte, a loro volta, danzano sul foglio come le gambe di Sugar Ray Leonard. «Il segno plastico dei suoi corpi non ha pari», mi scrive in un whatsapp Nicola Samorì, pittore e scultore cresciuto a pane e Michelangelo. Giusto per restare tra fuoriclasse.

Due riviste cult

S’impone una panoramica a schiaffo per restituire qualcosinainaina della portata e dell’incidenza di colui del quale sto blaterando. Il Male (aggressivo quattordicinale satirico che sostiene economicamente gli ultimi numeri di) Cannibale (scatenata rivista underground da una cui costola nasce) Frigidaire (mensile cult del «superfluo indispensabile»): le creature di Tanino animano queste pagine gloriose. Siamo alla fine degli anni Settanta e nel giugno ’78 – sul numero 10 di Cannibale, dalla mente di Stefano Tamburini, coi disegni ausiliari di Pazienza e Liberatore – debutta il fumetto che darà al Nostro celebrità planetaria, una tra le serie italiane più tradotte copiate influenti di sempre: Ranxerox. 

Lo so, a qualcuno di voi suonerà tutt’altro che familiare questo nome vagamente medicinale, eppure ci sono discrete possibilità che vi siate già imbattuti in quel tripudio della visionarietà grandguignol e del politicamente scorretto che è Ranxerox, nome di battesimo Rank Xerox: androide coatto con la calotta cranica scoperchiata, culturista massacratore che uno stud(elinqu)ente fuori corso del Dams ha assemblato a partire da una fotocopiatrice Rank Xerox (azienda che avrebbe diffidato Cannibale), Frankenstein hardcore che si fa di Vinavil ed è cotto come un fegatello di Lubna, dodicenne tossica e ninfomane (avete letto bene), Hulk a batteria che balla come Fred Astaire e spezza l’osso del collo a Domenico Modugno alias Mister Volare, sconcertante ibrido tra i venturi Giggi il Bullo e Terminator.

Ranxerox e Lubna

Nel 1982 Frank Zappa in persona si prende una sbandata per Liberatore e gli affida la cover di The Man from Utopia. Avete presente? È quella con uno Frank Xerox fronte retro che con la mano sinistra sbriciola il manico della chitarra mentre con la destra impugna uno scacciamosche. Scrive Zappa in un testo datato 21 febbraio ‘84: «Come illustratore, pochi possono competere con lui. In termini di stile, ha inventato qualcosa che io trovo pieno di forza, diretto e perverso (nel senso più positivo del termine)». È seria l’infatuazione del geniaccio d’origine sicula all’anagrafe Frank Vincent, unico e solo baffone con mosca del più anarchico rock progressivo.

Il termine di paragone più insistito per Tanino, online come su carta, è Michelangelo – nientemeno e al punto che il paragone è diventato un luogo comune – ma forse dovrei dire: i Michelangeli. Per l’iperbolico Zappa, Liberatore è «il più grande artista italiano dopo Michelangelo». Per il sociologo Sergio Brancato, le sue creazioni sono sì michelangiolesche però nell’ottica inquieta e «intimamente barocca» di un altro Michelangelo, un Michelangelo «drammaticamente scisso tra luci e ombre»: il Merisi detto Caravaggio. Tali accostamenti sono tutto fuorché privi di fondamento, a maggior ragione se consideriamo lo studio meticoloso e l’adesione viscerale riservati al Buonarroti e al Merisi – fin dallo stadio della lallazione visuale – da questo disegnatore bestiale.

La cover di The Man from Utopia e Frank Zappa in mezzo a Stefano Tamburini e Tanino Liberatore (a destra)

L’84 è un’annata favorevole: Tanino avvia una collaborazione con Hustler –  Zappa, suo padrino negli Usa, gli fa pubblicità pure con Larry Flynt – e intanto il sodale Paz gli dedica un metafumetto: La leggenda di Italianino Liberatore. Anche Miles Davis si prende una cotta per Italianino. Lo sciamano elettrico resta folgorato dal manifesto dell’edizione 1985 del festival Nancy Jazz Pulsations (l’immagine è una sexy sax woman sul tipo Grace Jones) e si mette sulle orme del fenomeno che ha sfornato quell’inno alla black beauty con l’obiettivo di affidargli la copertina di un disco. Lo becca a Parigi, dove l’illustratore s’è piazzato dall’82, e gli paga un viaggio a Milano, dove il trombettista sta per tenere un concerto, affinché possano guardarsi negli occhi e dirsi quello che devono. I due si prendono subito. Davis gli fa dono dei propri disegni realizzati alla maniera di Liberatore e Liberatore – per volontà di Davis – si spara il concerto al Lampugnano Tenda da una prospettiva tanto privilegiata quanto insolita: il palco! 

Manifesto del festival Nancy Jazz Pulsations 85

Infine la collaborazione con King Miles non quaglia a causa di un qui pro quo dovuto allo scadente inglese dell’abruzzese, un fraintendimento scambiato per un atto di lesa maestà e aggravato da una donna, l’assistente francese di Mister Cool che fa loro da tramite, la quale sfilaccia lo strappo invece di ricucirlo, mannaggia a lei, come mi confida Tanino, che per inciso ha tre idoli musicali: uno è Zappa, uno è Robert Wyatt, al terzo ci arrivate da soli. Il rodimento per il summit mancato è colossale ma di sicuro Liberatore ha di che distrarsi e – nel frattempo – il mondo del cinema ha drizzato le antenne. Per dirne una: tra le matrici dei fantasmi di Ghostbusters (l’originale di Ivan Reitman, 1989) ci sono una quindicina di artworks del quadrese realizzati ad hoc. E non siamo neanche agli anni Novanta! Ma io ho già ecceduto il numero di battute prestabilite quindi questa storia leggendaria continuatevela da voi.

Un’ultima cosa però la voglio dire. E riguarda il corpo. I soggetti di Tanino sono corpi corpi corpi. Erogeni e patogeni. Immanenti e infoiati. Incalzati e incazzati. Steroidei e sbudellati. Strafatti e putrefatti. Rinascimentali e resurrettivi. Pornocorpi scottadito e infilzati, come arrosticini. 

Da sinistra le illustrazioni delle poesie I fari e Una martire per I fiori del male di Charles Baudelaire (Comicon 2016)

Corpi sono anche le foglie insanguinate in punta di Staedtler che oggi – un ventuno undici ventuno plumbeo come da copione a Parigi – se ne stanno in fase di ultimazione sul cavalletto nell’incasinato atelier in quai de Valmy. «Il mio primo paesaggio», mi svela l’artefice di questo intricato letto vegetale sospeso tra la figurazione e l’astrazione e quasi ci sovrapponiamo nel commentare: «un paesaggio carnale, tanto per cambiare». Ogni suo foglio, ogni sua striscia, ogni sua tela – non si sfugge – è un carnaio. Tra le numerose creature in fiore sbocciate nell’atelier ce n’è una in particolare, dirimpetto al cavalletto, per cui perdo la testa alla prima occhiata: una vulva sfregio sotto un sipario floreale, un inedito sorriso genitale slabbrato in verticale, volendo: L’origine del mondo secondo Tanino Elle.

Blessure (2010)

Sbarazzandosi della trascendenza questo cannibale mai frigido né tiepido si sbarazza della melassa trascendentale, insieme ai connessi trabocchetti retorici, che un certo spiritualismo – quando il soul è sganciato dal body – spurga e si trascina dietro come un tarzanino. L’arte liberatrice di Tanino è musica per organi tra il caldo e l’incandescente il cui basso continuo è la «biologia automatica» di cui parla Céline nel Viaggio al termine della notte: «un allegro spettacolo» che «tutto trasforma in gioia», tenendoci «solidamente attaccati alla terra con i nostri appetiti rozzi, stupidi ed esatti». 

Qualche anima bella potrebbe obiettare che i corpi di Liberatore non sono che corpi. Noi allora sapremmo cosa rispondere, lo sapremmo eccome, parafrasando Cézanne riguardo all’essere soltanto un occhio di Monet: nient’altro che corpi, okay, ma buon Dio – o come direbbe Ranxerox: «Porco Ballard» – che corpi!

Disegno preparatorio per Lo scudo di Talos di Valerio Massimo Manfredi

Valerio Massimo Manfredi, Lo scudo di Talos, illustrazioni di Tanino Liberatore, con scritto su Liberatore e appendice iconografica a cura di Jonny Costantino, Mondadori, Milano 2022.

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