Per Valerio Evangelisti

di

Antonio Moresco

Valerio e io ci siamo incontrati sul campo, ed è stata l’unica volta  nella mia vita che ho scritto un libro a quattro mani con un altro scrittore. Abbiamo messo al mondo insieme un piccolo libro ormai introvabile sul nostro Risorgimento, composto da un suo racconto intitolato La controinsurrezione e da un mio racconto cinematografico intitolato L’insurrezione.

   Nelle mie pagine di presentazione, tra le altre cose, avevo scritto:

   “Sono pochi gli scrittori che, pur stando completamente dentro il genere e anzi non cincischiando e truccando il gioco, hanno la capacità di infilare la cruna che ci collega con tutto il resto. Che ci ricordano, passando attraverso lo sbrego dell’immaginazione, la possibilità e la persistenza della libertà, che la fanno assaporare, sentire. Qui c’è un motore che va avanti, che non si risparmia, che va a toccare la nostra zona infantile e potente. Evangelisti è uno scrittore serio, coraggioso, onesto, avventuroso, dotato di senso storico e immaginazione, che ci dà dentro, che sta sul campo, che si può leggere con fiducia e abbandono, un fratello. Gli scrittori così trovano molti lettori, ma non moltissimi. Non sono fuochi di paglia. I loro libri non balzano ai primi posti nelle classifiche dei bestseller, però vanno avanti, non si fermano, creano -giorno dopo giorno- un legame, anche affettivo, sempre più ramificato con i lettori, che sanno che non verranno delusi. Instaurano con loro un rapporto forte, proporzionale, vissuto. Sono gli scrittori -al di là  della casella dove vengono messi- destinati a restare, quelli che sanno creare tessuto connettivo muovendosi nell’immaginario del proprio tempo, che sanno annidarsi nelle menti e nei sogni di un certo numero  di donne e di uomini loro contemporanei e che riescono a passare attraverso la catena delle generazioni. Molto più di tanti scrittori abatini, di tanti rimasticatori pseudocolti, di tanti imitatori americanini e di tanti furbi.

   Tra le cose ci sono differenze ma non ci sono compartimenti stagni. Non c’è una casella predisposta dove basta collocarsi e il gioco è fatto. Il gioco non è mai fatto, si fa continuamente. Bisogna sempre sparigliare il gioco piccolo per poterne fare uno più grande. Le cose non sono così semplici e così compartimentate. Lo scrittore di questa epoca non può fare finta di non vedere che, se esiste la valanga cartacea industriale ottundente e normalizzante dei ‘generi’, esiste anche, nel suo piccolo, decoroso e inoffensivo spazio, quella di una letteratura anch’essa ridotta a genere, né più né meno depotenziata dell’altra. Se l’industria che produce incessantemente sovrappopolazione libraria porta con sé la piccola e interessata ideologia dell’appiattimento e dell’indistinzione dominante in questi anni, è anche vero che ci sono scrittori che aprono spazi e fanno sognare anche nella cosiddetta ‘letteratura di genere’ e scrittori frigidi, senza spessore e senza sogni, anche nella letteratura etichettata industrialmente con la L maiuscola.

   Io e Valerio ci capiamo al volo, senza bisogno di tante parole, come quei vecchi pistoleri dei western di Sam Peckinpah con i mutandoni di lana, le ossa che scricchiolano e i reumatismi, ma che poi, quando c’è bisogno, stanno al loro posto e tengono botta anche se restano in pochi contro tanti. Sono contento che ci siamo incrociati nel breve tempo della nostra vita e che, a testimonianza di ciò, ci sia adesso questo piccolo libro insurrezionale.” 

   La penso ancora così.

   Addio, Valerio, arrivederci!

   Antonio 

presso la Libreria Modo Infoshop, Bologna

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