La guerra nella guerra dei bambini ucraini “rapiti”

di

Nei giorni scorsi la Corte internazionale dell’Aja ha disposto l’arresto simbolico di Vladimir Putin e di Maria Lvova-Belova – la commissaria russa ai diritti dei bambini – per aver compiuto, questa l’accusa, crimini contro l’umanità. E criminale sarebbe l’aver disposto «la deportazione illegale di popolazione» nonché, dicono i giudici, il trasferimento nella Federazione russa «di 16.221 minori dalle aree occupate dell’Ucraina», lì dove si combatte e si muore, «prelevandoli da orfanotrofi e case di accoglienza senza prima verificare l’effettiva esistenza di familiari o altri adulti di riferimento o ancora la disponibilità delle autorità ucraine a farsene carico». Il tutto nel superiore interesse di questi minori. Nelle diciotto pagine scritte a l’Aja viene anche ipotizzato il genocidio ma questo documento e i relativi allegati sono top secret e nessuno li ha letti.

Allora perché se ne parla? Perché a darne notizia questa volta non è una qualche “velina” di Kiev, ma il principale tribunale per i crimini di guerra (un organismo che però non viene riconosciuto da Paesi come Stati Uniti, Cina, Russia, India, Israele e… Ucraina) e per qualche giorno su giornali e in tivù non si è parlato d’altro, con Putin nel ruolo del lupo cattivo della fiaba. Solo che questa volta – lo ha detto il Papa – Cappuccetto rosso non c’è.

L’argomento è serio e meritevole di approfondimenti, ma il Tribunale protegge le sue “fonti” e i giornali al riguardo non fanno che riportare coralmente le stesse storie: una gita scolastica in Crimea senza ritorno… un minore gravemente ferito a Karkiv e operato in un ospedale di Mosca… un nonno che dagli Stati Uniti chiede il ritorno della nipote dopo la morte dei genitori… storie che sono a lieto fine (e da cui semmai emerge la volontà russa a favorire il ritorno di questi minori alle loro famiglie, se individuate) ma che i giornali riprendono sotto titolazioni di segno opposto: Il destino crudele e incerto dei bambini ucraini rapiti (“Corriere della Sera”, 7 marzo); Ucraina, bambini rapiti dai russi. Dramma delle mamme (“Il mattino”, 6 marzo); Le accuse a Putin: quei rapimenti di Stato per obbligare i piccoli a diventare bravi russi (“La Repubblica”, 17 marzo), e così via.

E il superiore interesse dei minori? Con quante “verità” e opposte narrazioni siamo chiamati a misurarci?

La narrazione dei bimbi rapiti oppure deliberatamente uccisi è un topos ricorrente nella propaganda bellica di tutti i tempi, tendente a screditare il nemico. In tempo di pace lo si era detto anche dei russi sovietici mangiatori di bambini o degli zingari sporchi brutti e cattivi. Ora si torna a dirlo dei russi. Ma veniamo ai numeri, e poi ai pochi fatti davvero accertati, quelli che sui giornali non “fanno notizia”.

Cosa dice Kiev

Stando al consigliere del sindaco ucraino di Mariupol Petro Andriushchenko, nella città martire «i militari russi hanno portato via con la forza circa 150 bambini» ricoverati in un ospedale (18 aprile 2022), per trasferirli nel Donetsk occupato.

No, contrordine: lo stesso 18 aprile, il presidente della Repubblica ucraina Volodymyr Zelensky denuncia la scomparsa di «circa 5mila bambini deportati dalla regione di Mariupol in Russia».

Di più, molti di più: è ancora Zelensky il 14 luglio a segnalare che «230mila bambini sono stati rapiti dai russi». Ma non erano cinquemila? Già, cinquemila nella sola regione di Mariupol. Sta a dire che i rimanenti 225mila sarebbero stati «rapiti» in altre parti del Paese.

Cosa dice Mosca

Secondo l’agenzia stampa russa Interfax, tra febbraio e giugno 2022 quasi due milioni di persone, di cui 300mila bambini, «sono state evacuate in Russia dalle regioni in guerra di Donetsk e Lugansk» (18 giugno 2022), a fronte, replicano però in Ucraina, «di 5.097 denunce di rapimenti di minori».

Dopo il 24 febbraio 2022 sei milioni di ucraini – donne, bambini e anziani – sono fuggiti dalla guerra verso occidente e altri verso Oriente. Ma i primi sono considerati «esuli», i secondi «illegalmente deportati». I «deportati», quasi tutti russofoni o russofili, potranno ora ottenere la cittadinanza russa attraverso una procedura semplificata. In particolare, le porte sono aperte per «gli orfani o i bambini ucraini lasciati senza cure parentali». Una norma che si applica tanto ai profughi giunti in Russia, quanto ai ragazzi che risiedono nei territori di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia, ovvero in regioni dove i russi non sono il diavolo: Gian Micalessin (altro veterano del giornalismo italiano d’inchiesta, uno che da anni segue “sul campo” il conflitto nel Donbas) riferisce infatti che da quelle parti, piaccia o meno, i russi invasori vengono quasi sempre applauditi come “liberatori”.

Come la raccontano le poche fonti indipendenti

Zelensky è in guerra, Putin è in guerra, le “fonti” sono tossiche mentre scarseggiano quelle “indipendenti” che, in surroga al servizio pubblico, permetterebbero di fare luce sulla poco edificante vicenda. Difficile venirne a capo, ma pare certo che nel frattempo i russi assalitori abbiano sfollato oltre confine (secondo Kiev, «deportato») più di tre milioni di ucraini russofoni. Questi esuli – famiglie, anziani e bambini – sarebbero ospitati in 9.500 centri di accoglienza temporanea, campi di smistamento (secondo Kiev sono «lager») o alberghi come quello di Belgorod, Russia, raccontato da Alessandro Di Battista il 17 luglio scorso: «l’hotel è affollato di bambini e di ragazzi. I piccoli hanno a disposizione una stanza giochi dove lavorano due animatrici. Gli adolescenti passano il tempo giocando con il cellulare o provando balletti», scrive Di Battista sul “Fatto quotidiano”.

Un passo di lato ed eccoci a Donetsk. Qui una troupe di “Report” (Rai tre) ha potuto intervistare alcune donne fuggite da Mariupol, bypassando la disinformacija speculare di Mosca e di Kiev: «L’Ucraina ha affermato che la Russia sta deportando le persone da Mariupol», domanda Manuele Bonaccorsi di “Report”: «Ma smettetela!», risponde una di loro; e l’amica che le sta accanto: «Nessuno ci ha deportato. Stiamo solo lasciando l’inferno. Abbiamo persone sepolte sotto ogni casa, ci sono croci in tutte le strade. Hanno messo l’artiglieria tra gli edifici residenziali anche se c’era scritto “bambini” sui muri».

Via dalla guerra

Bambini ucraini deportati? Qualcuno lo ha definito «un orrore per certi versi simile a quello dei figli dei desaparecidos argentini». Che dire… Intanto che questi minori esuli nell’Unione europea o in Russia – chi perché rimasto orfano, chi assieme a uno o più familiari – sono ora lontani dalle bombe e dal trauma della guerra. È solo un punto di vista? No, è un dato di fatto: non muoiono e non vedono morire. Anche questo risponde al superiore interesse dei minori.

Quanto agli orfani, scrive Ilaria Romano in openmigration.org, in Ucraina dopo il 24 febbraio 2022 «264 istituti di accoglienza per minori in difficoltà sono stati evacuati per ragioni di sicurezza, per un totale di 6.465 bambini e adolescenti residenti, riallocati in altre zone del Paese (2.375) o all’estero (4.090)».

Prima dell’aggressione russa, in Ucraina si contavano 702 tra orfanotrofi, strutture sanitarie pediatriche di riabilitazione e case-famiglia, gestite dallo Stato o da privati. Ma al contrario di quanto si è indotti a pensare, avverte Romano, la maggior parte di questi minori non sono orfani, ma bambini «allontanati dalla famiglia d’origine per problemi di varia natura, dalle dipendenze da alcol e stupefacenti dei genitori o a seguito di maltrattamenti e incuria»; bambini che a volte «sono affidati a terzi dalle stesse famiglie per eccesso di povertà, prima causa di abbandono». E si tratta di ben 105mila minori, al più ospitati in strutture fatiscenti e senza risorse: ne conseguono la scarsa assistenza medica, la presenza di un solo educatore ogni 30-40 minori, la carente formazione del personale, l’abbandono emotivo dei bambini e tante altre negligenze. Insomma, come si legge nel rapporto Left Behind in the War del Disability Rights International (una charity statunitense), la situazione era poco edificante anche prima del conflitto.

Stanno forse meglio buona parte dei bambini ucraini, soli o accompagnati, accolti in occidente: il 47 per cento è in Polonia, campione d’accoglienza. Seguono la Germania (il 14 per cento); l’Austria (il 6); l’Italia (il 5); la Turchia (il 4); la Repubblica Ceca, la Spagna e i Paesi Bassi (il 3); la Svizzera e la Romania (il 2).

Bambini di madrelingua russa «deucranizzati»? Genocidio culturale? Mi domando: se una famiglia italiana adotta un bambino ucraino, lo fa studiare come è nel suo diritto in una scuola pubblica e questo minore impara quanto meno la nostra lingua (dal febbraio 2022 ne sono giunti più di novemila, già inseriti nelle scuole italiane di ogni ordine e grado), lo si «deucranizza»? E già prima della guerra era ucraino il 3,9 per cento degli stranieri che risiedono in Italia.

Trafficanti di esseri umani

Ma la piaga nella piaga (bambini morti per la guerra di Putin a parte) a noi pare quella dei tanti minori spariti nel nulla perché senza genitori o tutori e finiti nell’orbita dei trafficanti di esseri umani oppure nelle reti della pedofilia, quando non dei trafficanti d’organi (loro sì rapiti!). Come ha detto Ernesto Caffo di “Telefono azzurro”, di questi bambini ucraini «se ne parla pochissimo, sono invisibili, arrivano in questi centri enormi» – Caffo parla dalla Polonia – «ma nessuno ha traccia di dove vanno». E poi «il traffico è un tema che non piace a nessuno ma è una realtà drammaticamente presente e in questo caso ci sono tutti i fattori che possono facilitarlo».

Questo sito utilizza cookie o tecnologie simili solo per finalità tecniche, come specificato nella cookie policy.