Due secoli fa, la rivolta decabrista

di

Roberto Michilli

Principi, conti, baroni, ufficiali della guardia, giovani sfaccendati, borghesi! Non è forse la prima volta nella storia che una rivoluzione viene scatenata da coloro che non hanno nulla da guadagnare, se ha successo? Di solito è il popolo oppresso che insorge contro i privilegiati per nascita e per ricchezza, mentre, oggi, sono i privilegiati per nascita e per ricchezza che rischiano la pelle per offrire la libertà al popolo. Non vi è stata mai, in verità, una impresa più disinteressata, più nobile, più strana! Mai gli uomini furono più grandi e più pazzi! Tutti questi giovani, coi loro volti comuni, sono eroi degni dell’antichità!

Henry Troyat, La gloria dei vinti

Dalla Premessa dell’autore:

         Lo zar Alessandro I Pávlovič Románov morì a Taganróg, sul Mar d’Azov, il 19 novembre 1825. Si concludeva così la parabola terrena di un uomo dal carattere indecifrabile e di un imperatore che al momento dell’ascesa al trono aveva suscitato immense speranze, per poi deluderle quasi tutte. La sua morte giunse improvvisa e inaspettata, e colse tutti impreparati, ma paradossalmente a soffrirne di più furono quelli che delusi dalle sue promesse mancate operavano da tempo perché le cose in Russia cambiassero, arrivando anche a ipotizzare l’assassinio dello zar perché questo potesse avvenire. La sua scomparsa sconvolse i loro piani e li spinse ad agire in modo precipitoso e confuso, condannando la rivolta alla sconfitta e bruciando nel nulla i lunghi anni di lavoro clandestino che l’avevano preceduta.

         Il movimento e la rivolta decabrista, eventi fondamentali per la Russia dell’epoca (e non solo), sono poco studiati in Italia e di conseguenza mal conosciuti. Eppure le donne e gli uomini che vi furono coinvolti e le idee che li spinsero ad agire meritano tuttora, a mio avviso, la nostra simpatia e il nostro rispetto, e spero di poterlo dimostrare con il libro che vi accingete a leggere. […]

         Per quanto riguarda la vita in Siberia dei decabristi condannati e delle meravigliose donne che ne vollero condividere la sorte, fonte ineguagliabile e assolutamente straordinaria per le qualità letterarie dell’opera e quelle umane dell’autrice sono le Memorie della principessa Maríja Nikoláevna Volkónskaja, nata Raévskaja. Scritte in francese con parti in russo a Mosca dopo il ritorno dalla Siberia, sono indirizzate al figlio Michaíl e destinate a una circolazione familiare. Michaíl non condivideva le idee del padre, e Maríja vuole dimostrargli invece che Sergéj Volkónskij era «le plus digne et le plus respectable des hommes» e meritava tutto il suo rispetto. Fu ad ogni modo lo stesso Michaíl che, dopo aver pubblicato nel 1902 le memorie del padre, pubblicò nel 1904 quelle della madre, corredandole della traduzione in russo e di una sua appassionata prefazione nella quale racconta, fra l’altro, interessanti retroscena sulla genesi del famoso poema Donne russe di Nikoláj Alekséevič Nekrásov. Schietti, scritti in un linguaggio chiaro, scintillanti di spirito e pieni di saggezza, ricchi di ritratti indimenticabili delle tante persone incontrate, di alta considerazione per i decabristi nella certezza che la loro impresa non fosse stata vana, e di orgoglio per le loro mogli e i loro figli che ne avevano condiviso la dura vita in Siberia, i ricordi di Maríja Nikoláevna Volkónskaja si collocano tra i più vividi monumenti memorialistici del XIX secolo e vengono qui tradotti per la prima volta in italiano.

[Teramo, giugno 2014-settembre 2020.]

Roberto Michilli, La rivoluzione immobile, Di Felice Edizioni, 728 pagine, 35 euro.

La principessa Maríja Nikoláevna Volkónskaja, nata Raévskaja
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